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In ottemperanza al vigente DPCM, l'Area Archeologica torna ad essere aperta il Martedì, il Giovedì ed il Sabato dalle 9 alle 14.
Contatti:
Via Cimitero - Santa Maria a Monte (Pi)
Orario:
Martedì, Giovedì e Sabato: 9 - 14
Negli altri giorni sarà possibile visitare l'Area Archeologica su prenotazione contattando il numero 333.3495168.
Se l'Area dovesse risultare chiusa nei giorni di apertura, telefonare al numero sopra riportato.
L’area della Rocca costituisce il nucleo originario del borgo di Santa Maria a Monte. L’eccezionale posizione geografica del colle, unita all’enorme potenziale di osservazione, fu il motivo per cui sulla Rocca vennero innalzate le strutture del castrum medievale : è attestata al 906 la presenza di un tonimen, un recinto fortificato caratterizzato da un’alta palizzata di robusti tronchi lignei, la più antica difesa per quanto concerne l’area lucchese. A partire dal 1252 il Comune di Lucca si accollò le spese di edificazione in petra et calcina delle strutture del ridotto, fino a quando i fiorentini, dopo la presa del 1327, non ristrutturarono interamente le fortificazioni.
Gli scavi archeologici condotti sulla Rocca a partire dalla metà degli anni Ottanta del Novecento hanno messo in luce un vero e proprio “palinsesto” sul quale si sono succedute numerose fasi costruttive che hanno caratterizzato la storia evolutiva del sito. Dalle presenze di un insediamento preromano (secoli VIII-I a.C.), testimoniato da buche di palo ascrivibili ad abitazioni a capanna, si passa al primo edificio religioso del borgo, un oraculum longobardo dell’VIII secolo, dedicato a Maria Assunta e in origine dipendente dalla pieve di Sant’Ippolito in Anniano, risalente al IV secolo e situata in pianura lungo il corso dell’Arno. Durante il periodo carolingio (IX secolo) la chiesa venne poi dotata di una seconda tribuna, verso Ovest, intitolata a San Genesio, santo molto venerato in lucchesia. All’interno dell’abside, in asse centrale rispetto alla curvatura del muro, gli scavi hanno restituito una sepoltura “privilegiata”, probabilmente un membro della dinastia ecclesiastica longobarda. Una volta ottenuto il titolo di pieve attorno alla metà del X secolo, con il trasferimento delle prerogative battesimali da Sant’Ippolito confermato dalla presenza di un fonte , fu necessario, in concomitanza con l’istituzione di una canonica regolare (XI secolo) composta da 14 ecclesiastici, ampliare verso est la chiesa, della quale rimangono tracce del transetto triabsidato. Dopo un ulteriore ampliamento dell’edificio avvenuto intorno alla fine del XII secolo, la chiesa venne in parte smantellata a partire dalla metà del Trecento, quando la dominazione fiorentina si fece più stabile.
L’area dei forni fusori e dei fonti battesimali
Lo scavo ha restituito l’impianto di un oratorio longobardo ad aula unica rettangolare, misurante 23 x 11 m, con un’abside semicircolare eccedente verso est, con diametro interno di circa 4,5 m. Dapprima retta dal pievano di Sant’Ippolito, tale struttura, di dimensioni ragguardevoli se rapportata alla funzione e al periodo in cui venne costruita, va inquadrata nel progressivo e lento spostamento dell’asse insediativo dalla pianura, lungo i fiumi Arno e Usciana, al colle, sempre più organizzato, di Santa Maria a Monte. Fu precisamente tra il 941 ed il 983 che avvenne lo spostamento delle prerogative battesimali, quindi pievanali, da Sant’Ippolito a Santa Maria a Monte. Il momento in cui il titolo di ecclesia baptismalis passò alla chiesa di Santa Maria venne suggellato dalla costruzione di un fonte battesimale, di cui resta ben conservata una buona metà, con profilo esterno ottagonale ed interno circolare. Un secondo fonte battesimale , rinvenuto poco più a nord, taglia per metà con la sua fondazione il fonte del X secolo, e per questo è stato attribuito alla fase romanica di restauro della chiesa (1189-1200). Nell’area adiacente al fonte battesimale più antico gli scavi hanno fatto emergere una serie di forni fusori riconducibili ad una intensa fase cantieristica di produzione di campane. Rinvenuti sotto il piano di calpestio dell’antica pieve, gli impianti sono databili fra la metà del X secolo e la fine del XII secolo e consistono in numerose fosse scavate nella nuda terra .
La Cripta
Agli inizi dell’XI secolo il potere dei vescovi lucchesi andò talmente rafforzandosi che, conseguentemente alla promozione dell’oraculum di Santa Maria a pieve, il vescovo Giovanni II attuò i principi di quella che fu la riforma gregoriana del risanamento dei costumi clericali, istituendo a Santa Maria a Monte una canonica regolare, composta da quattordici ecclesiastici fra preti, diaconi e chierici, che risiedevano nell’ambito della chiesa. Sicuramente l’edificio di culto e gli annessi canonicali, come chiostro, refettorio, dormitorio e sala capitolare, richiesero spazi più ampi e interventi strutturali di ampliamento o di adattamento di precedenti strutture. Purtroppo, degli annessi canonicali non si sono conservate tracce a causa di uno smottamento della metà nord della Rocca, avvenuto nel 1950. Rimangono invece cospicue tracce della ristrutturazione della chiesa che lo scavo archeologico ha riportato in luce. L’intervento del primo quarto dell’XI secolo non stravolse l’assetto della chiesa longobarda; venne però demolita l’abside orientale per far posto, in continuità con la navata verso est, ad un ampio transetto a croce commissa, triabsidato e disposto su due livelli . Quello inferiore corrispondeva ad una cripta ad oratorio, spartita da volte a crociera sostenute da ben otto colonnine; l’accesso era garantito da due strette rampe e le sue absidi conservano ancora oggi i tre altari originali. Molto probabilmente nella cripta si conservava la Madonna con Bambino, in legno dorato, risalente alla metà del XIII secolo e oggi visibile nella Collegiata, posta nel centro storico di Santa Maria a Monte. In quest’ultima si trovano altri due elementi pertinenti all’originale arredo dell’antica pieve: l’ambone guidettesco in marmo impostato su leoni stilofori (fine XII secolo) e il crocifisso ligneo attribuito al Maestro del Crocifisso di Camaiore (primo quarto XIV secolo).
La Cisterna
La cesura più evidente nella storia costruttiva della Rocca avvenne nel 1327, anno in cui, nel più ampio ambito delle accese conflittualità tra Guelfi e Ghibellini, Santa Maria a Monte, nell’orbita della guelfa Lucca, cadde ad opera dell’esercito fiorentino, il quale occupò e rase al suolo la pieve di Rocca e con essa tutte le strutture di sua pertinenza. A partire poi dal 1335 i fiorentini, per assicurarsi il controllo della zona, procedettero alla ricostruzione del fortilizio sulla sommità del colle ed alla ristrutturazione dei tre giri delle mura difensive già esistenti. E’ in questo specifico contesto di riprogettazione fiorentina dell’area del castello (comprendente l’originaria pieve) che si inserisce la cisterna quadrangolare medievale, risalente alle ricostruzioni fiorentine del XIV secolo. Menzionata nello Statuto del 1391, la cisterna, venne pensata e realizzata con la finalità di deposito d’acqua potabile, elemento indispensabile per la guarnigione militare che doveva essere in grado di resistere ad assedi anche prolungati da parte dei nemici. In origine tale manufatto doveva trovarsi interrato di qualche metro, come si può dedurre anche dalla presenza dell’annesso pozzo di adduzione/captazione dell’acqua. Quest’ultima piccola struttura, di forma pressoché cilindrica, venne realizzata con tecnica mista, addossando alla roccia vergine un unico filare di materiale edilizio, ma nella parte che emergeva dal terreno doveva possedere una maggiore robustezza.
Planimetria generale degli scavi (1,07 MB) |
La terrazza panoramica (311,46 KB) |